Hanno fatto parte del roster Comcerto dal 2007 al 2010.
Nel bel mezzo della rottura degli ingranaggi dell’industria musicale, i grandi numeri possono portare grandi problemi. Ed i numeri dei “The Wombats” sono diventati grandi molto velocemente.
Un disco di platino con il primo album “Guide To Love, Loss And Desperation”. Oltre 300.000 copie vendute dei loro travolgenti singoli Indie-Dancefloor “Kill The Director”, “Let’s Dance To Joy Division” (quest’ultimo vincitore agli NME del 2008 come miglior Dancefloor filler), “Backfire At The Disco” e “Moving To New York”. Un Tour durato più di due anni che ha permesso loro di esibirsi di fronte a più di un milione di persone e che ha avuto il suo culmine con il concerto tenutosi alla Liverpool Arena con oltre 10.000 fan in estasi con il loro scuro, esuberante e contagioso alt-pop.
“E’ stato un bel modo per finire il tour” dice il batterista Dan Haggis. “Dopo il concerto abbiamo festeggiato per due giorni. Ricordo che un paio di anni fa eravamo fortunati se facevamo il tutto esaurito di 500 persone all’Accady Downstairs. Com’ è possibile?”.
Grandi numeri, grandi concerti ma anche per una band stakanovista come The Wombats (prima del loro primo grande successo “Kill The Director” nel 2007 il gruppo fece oltre 50 concerti in giro per il Regno Unito in quasi altrettanti giorni) non è stato semplice. Hanno infatti girato ininterrottamente per 18 mesi abbondanti arrivando poi nel 2008 ad un tour negli Stati Uniti descrivendosi infine come “distrutti… fisicamente e mentalmente”. “Abbiamo avuto un paio di mesi davvero duri” dice Dan. “Ho avuto problemi alle braccia e salire sul palco a suonare era diventato doloroso. Una sera a Glasgow, una volta seduto alla batteria, ho iniziato a sentirmi in colpa perché pensi che dovrebbe essere una delle serate più belle della tua vita ma in realtà non sai neanche perché ti trovi li in quel momento.”
Terminata l’estate del 2008, passata attraverso molti festival estivi e le registrazioni di due nuovi singoli – “My Circuitboard City” e la (anti)natalizia “Is This Christmas?” – il cantante Matthew ‘Murph’ Murphy inizia ufficialmente a scrivere nuovo materiale per il secondo album. Ma nella sua nuova casa a Londra ‘Murph’ trova solitudine, straniamento e routine, dovute ai molti mesi “on the road” e alla grande città, con cui è difficile convivere. Si era troppo abituato all’adulazione da palco.
“Il mio errore è stato abituarmi troppo a questo” ammette Murph “e quando tutto si è fermato è stato come tornare alla realtà di tutti i giorni e ho dovuto ridimensionare me stesso. La mia infelicità era dovuta al fatto di non essere in tour e trovarmi in una città per me totalmente nuova”. “Per due anni siamo stati da qualche parte ogni sera” aggiunge Dan “sempre a fare concerti, interviste e ogni persona è sempre interessata a parlare con te di musica. Interrompere bruscamente questa vita, smettere di suonare e non avere ogni sera l’adrenalina del palco, per noi è stato come impattare con un muro di mattoni”.
I pochi concerti fatti in questo periodo rischiarono anche di sfociare in esperienze a dir poco tragiche per la band. Dopo uno show a Skegness infatti l’auto di Murph si ribalta su una gigantesca lastra di giaccio lasciando miracolosamente illeso il cantante (il fatto ha dato l’ ispirazione per un nuovo brano: “Motorphobia”). E successivamente, durante un viaggio a Dubai per suonare al Liverpool Sound City, Dan ha rischiato non poco con il suo 4×4:
“E’ stato molto divertente, ma io e la mia ragazza abbiamo rischiato un brutto incidente” dice Dan. “Siamo andati al Dune Buggy Racing senza alcuna assicurazione. Ci chiesero solo ‘l’avete mai fatto?’ e noi abbiamo risposto ‘no, mai’ e loro ci dissero ‘Grandioso! Mettetevi questi’. Una volta messi i caschi abbiamo iniziato a divertirci e a viaggiare su quelle dune, fino a quando ne abbiamo presa una ad una velocità troppo elevata e ci siamo ribaltati. Poteva trasformarsi davvero in un brutto incidente”.
A seguito di questa alienazione e di questo trauma, le prime canzoni consegnate da Murph alla casa discografica nel Febbraio 2009 destano preoccupazione. I testi sono i più desolanti mai scritti dal cantante e musicalmente i brani proposti sono più pesanti del cielo e più chiassosi della guerra.
“L’idea iniziale era di scrivere del materiale abbastanza lontano dal nostro sound abituale e questa era probabilmente una buona cosa. Ma le prime canzoni consegnate alle orecchie della nostra etichetta fecero subito pensare: “Che diavolo è sta roba?”. Aggiunge il bassista Tord Overland-Knudsen: “in queste prime quattro canzoni era come se avessimo bisogno di riavere indietro le forze, facendo musica più pesante”.
Continua Murph: “Sono tornato a casa da mia madre e da mio padre per riconquistare quella vecchia ispirazione che un tempo si trovava lì. Mi rinchiusi otto ore al giorno in una stanza con un piccolo paralume e un piano. Era come continuare a girare senza trovare una vera soluzione. Sono dovuto ritornare a Liverpool per fare un sacco di cose che mi permettessero di trovare qualcosa da cui attingere, e ritrovare l’ispirazione.”
Una volta tornati a Liverpool, i The Wombats optano per un suono synth che va a sostituire molte delle chitarre di Murph, e melodie riversate in forme sempre più innovative e colorate. Tracce come “Perfect Disease” hanno assunto le sonorità ‘disco’ dei Depeche Mode e Echo & The Bunnymen, rimanendo ancorate alle sonorità pop dei The Killers.
L’orecchiabilità di queste canzoni le rende pienamente fedeli al tipico stile ‘Wombats’: non importa cosa sia cambiato, i brani di questo disco sono dei veri e propri fasci di luce, esattamente come le tracce del loro primo lavoro erano ‘bombe da dancefloor’. E di sicuro il primo singolo “Tokyo (Vampires And Wolves)” fa parte di questa categoria. Una hit folle e super-catchy così istantanea che non fai tempo a rimetterla per la seconda volta che è già finita. “Il nuovo album non ha nulla a che fare con il periodo passato in tour, bensì rappresenta la nostra voglia di evadere.”
L’album è stato registrato durante il 2010 in tre sessioni, con tre diversi produttori, tutti a Los Angeles. La prima con il produttore di Rem e U2 Jacknife Lee che ha inserito la sua precisa tecnologia in “Anti-D”, poi Eric Valentine ha contribuito alla lavorazione di “Tokyo (Vampires and Wolves)” e di “Techno Fan”. Ed ora sono pronti a tornare a LA da Chris Costey (Muse) per completare un disco che vi shockerà, impressionerà e vi dividerà su quella che è considerata come la band pop con meno compromessi del ventunesimo secolo.